Intervista a Umberto Pelizzari

UmbertoPelizzari

Come e quando  ti sei avvicinato al mondo dell’apnea?
Non è stato amore a prima vista. Sono stato mandato in piscina da mia mamma a 4/5 anni perchè avevo paura dell’acqua. Lei non riusciva a farmi la doccia, io soffrivo di clustrofobia.  Dopo 1 anno di piscina ho fatto le prime gare e poi ho fatto 12 anni di nuoto agonistico e questa è stata la preparazione migliore per quella che sarebbe diventata la mia specialità ossia l’apnea. L’ultimo anno di università sono entrato nel gruppo sportivo dei vigili del fuoco. Sono stato mandato all’ Elba e da li ho iniziato a fare profondità.

Quali sono stati i tuoi maestri di vita e di sport? Quali sono i tuoi modelli?
I due modelli a cui mi sono ispirato quando ho niziato a fare apnea sono stati Jacques Mayol ed Enzo Maiorca , due grandi pionieri dell’apena che hanno scoperto contro ogni previsione medica quanto il loro corpo poteva spingersi in profondità e sotenere il peso della pressione. Si parla di storie bellissime, di persone che non si sono mai fatte chiudere dentro limiti precisi, ma che hanno sempre cercato di capire fino a dove il limite umano poteva spingersi tramite entusiasmo, continua ricerca . Altro mio idolo da piccolo è stato Ayrton Senna per il suo carisma, per il suo modo selvaggio di affrontare ogni gara e di andare a volte fuori dagli schemi. Nel tennis invece amavo McEnroe.

Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?
Nell’apnea siamo talmente spinti ai limiti umani che assolutamente devi avere testa per ripeterti che ce la puoi fare. Il fisico lo devi allenare. Il cuore come passione, dedizione, sacrifico è fondamentale perché puoi avere un dono di natura, ma se non lavori con costanza difficilmente esce il campione che c’è in te.

Cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani ( anche ai più piccoli)  che si avvicinano oggi alla tua disciplina?
All’inizio penso che si debba essere attratti da quello che l’apnea ti fa sentire: libertà, assenza di peso, rilassamento totale.  Devi essere affascinato da questa dimensione e provare benessere in acqua. Dopo aver provato queste sensazioni si può poi parlare di allenamento, di incrementi, di tabelle, di performance facendosi seguire da un buon istruttore che da subito ti può far evitare gli errori naturali, istintivi che un uomo tende a commettere quando trattiene il fiato e porta con se in acqua.

Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che – a tuo avviso – possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?
Ti devi porre sicuramente un obiettivo e ti devi alzare la mattina- che tu sia studente , ragazzo o manager- con la consapevolezza che stai lavorando per qualcosa di ben preciso e specifico. Questo vale sia a livello professionale che per le cose più banali della vita di tutti i giorni.
In uno sport individuale come l’apnea penso che la componente Team sia fondamentale perchè la mia squadra mi dàassistenza, sicurezza in acqua e mi permette di scendere concetrato al 100%. La mia squadra è li con me per limitare al minimo il rischio di pericolo. Questo vale per i giovani e per i manager che devono avere vicino la giusta squadra e devono essere loro bravi a motivare e coinvolgere nel modo corretto.
Altra componente importante è mettere sempre davanti la persona cercando prima ancora di vendere qualcosa di vendere se stessi, la propria professionalità. Puoi avere il prodotto più bello del mondo, ma prima devi guadagnarti tu la fiducia del tuo interlocutore credendo nella tua persona e nei tuoi valori.

Che valore ha per te la sconfitta?
Non piace a nessuno perdere e un fuoriclasse non è abituato alla sconfitta. Penso che però se dopo enne vittorie si dovesse incappare in una sconfitta l’importante è sdrammatizzare e prendere il tutto mentalmente con un atteggiamento positivo per ritornare a volte con i piedi per terra, rilavorare su di te, capire dove si può migliorare e in che modo per non trovarti più in questi che possono passare come incidenti di percorso. Prendiamo la sconfitta come una doccia di umiltà.

Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?
Lo stress sportivo è l’omino che hai con te sulla spalla, che ti accompagna quando ti svegli e va a dormire con te  ed è con te dal primo giorno in cui ti alleni seguendo il tuo programma di avvicinamento alla gara o al record che ti sei prefissato di stabilire. Ci devi convivere e lo fai perchè ti accompagna tutta la stagione, è una presenza quotidiana.  Diverso è lo stress che può avere il calciatore la domenica prima di una partita importante o l’apneista prima di gareggiare per infrangere il suo più importante record per il quale ha lavorato duro per una o più stagioni. Aiutano per tenere a bada questo stress le teniche di visualizzazione, le tecniche di rafforzamento mentale, training autogeno, self coach ( parlarsi e aiutarsi), rilassamento.

Che opinione hai degli atleti che  inmomenti  di difficoltà cercano delle “scorciatoie” ( doping o altre forme) per  raggiungere con meno sforzi i propri traguardi?
Il doping nostro è la forza mentale. Nel nostro sport non ci sono stati casi di doping. Il nostro sport è particolare e serve lucidità e ritengo che le sostanze dopanti in condizioni di assenza di ossigeno possano provocare più danni che benefici.

Sei supestizioso? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?
Sugli ultimi due/tre costumi che usavo per le gare importanti facevo sempre cucire da mia mamma una immaginetta della madonna. Poi mi ricordavo che davo il segnale del -5min alla partenza non quando la lancetta del mio orologio era a zero, ma quando la lancetta era a 16.

Cosa significa per te l’andare oltre il limite?
Quando raggiungi un limite ti rendi subito conto che non è un punto di arrivo, non è invalicabile, ma è solo una porta che dovrai aprire per continuare in un percorso che seguirà. Il limite è un obiettivo che ti sei posto e dedici tu se quello ti sta bene o sei vuoi provare ad andare oltre.

Ci parli di Wamba e cosa ti ha fatto decidere di legarti a loro come testiomonial….
Lavoravo già da un po’ (5, 6 anni) con i bambini malati si SMA mentre con Wamba ho iniziato a collaborare 2 anni fa circa. Loro mi hanno chiamato non sapendo che io lavorarvo già in quell’ambito e quindi è stata una piacevole coincidenza. Wamba ha degli obiettivi triennali. Per tre anni avevano creato degli orfanotrofi ed ospedali in Africa, poi nei tre anni successivi  si sono dati come obiettivo quello di creare dei centri per famiglie con bambini affetti da SMA e arrivano appunto in posti che non sono attrezzati per accogliere famiglie. L’obiettivo era quello di aprire due centri per famiglie SMA all’anno. Ne hanno aperto uno ad Ancona e un secondo a Padova.