Sui pedali, contro il tempo, come una Farfalla

Anna Mei (iodonna.it)
Anna Mei (iodonna.it)

Non sempre lo sport è fine a se stesso.

Ci sono personaggi, anzi, grandi campioni, che si dedicano alla pratica delle più svariate discipline sportive non per trionfare sugli avversari, conquistare medaglie e trofei da esporre in bacheca, leggere titoloni col proprio nome su quotidiani e riviste di settore o, inutile negarlo, per incrementare il proprio conto in banca.

No. Ci sono anche personaggi, anzi grandi campioni, che, attraverso lo sport, si mettono al servizio di chi ha più bisogno o di chi è meno fortunato. Come ha fatto Anna Mei, insegnante di professione e ciclista per passione, che da oltre sei anni pedala per i bambini farfalla, piccoli malati affetti da epidermolisi bollosa, una malattia genetica che rende la pelle fragile e delicata come, appunto, le ali di una farfalla.

Forte dei successi e dei titoli conquistati nelle gare endurance e ultracycling su due ruote, l’incontro di Anna con i bambini colpiti da questa patologia è stato del tutto fortuito. Correva l’anno 2009, e la Mei era in sella alla sua bicicletta, impegnata in una competizione per raccogliere fondi a sostegno della ricerca contro questa malattia. Da allora, non ha mai smesso di pedalare a favore di questa buona causa, fino ad arrivare a stabilire il record dei 1000km su pista – quindi oltre trenta ore continuative in sella, recentemente siglato nel velodromo Fassa Bortolo di Montichiari.

Con la sua ennesima, grande impresa, Anna Mei ha dimostrato ancora una volta che lo sport può essere canale e strumento di comunicazione per attirare l’attenzione della massa su problematiche e situazioni che, pur colpendo poche persone, possono essere affrontate, combattute e vinte solo con l’impegno di molti.
Mettendo se stessa e la propria passione al servizio dei bambini farfalla, Anna offre loro la propria sofferenza sportiva; una sofferenza che, a differenza di quella dei piccoli malati, è comunque a termine e finisce una volta scesa dalla sella; ma è una sofferenza altruista e a fin di bene, vissuta al massimo e fino all’ultima pedalata con l’intenzione primaria di raccogliere fondi per debellare, e curare, questa dolorosa malattia.

A cura di Chiara Franzetti

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