Carlo Molfetta, l’esempio dei valori del Taekwondo

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Pratica uno sport sconosciuto a molti ma che grazie ai suoi straordinari risultati che ha conseguito in carriera in qualità di capitano della nazionale italiana di Taekwondo e attuale campione olimpico, ed al suo impegno diretto nella promozione del Taekwondo e dei suoi straordinari valori di vita al centro dell’Acqua Acetosa, si sta facendo sempre più strada, e già da tempo è considerata l’arte marziale più seguita a livello di iscritti. Come molti anche lui ha iniziato un po’ per caso. Ha provato diversi sport ma il Taekwondo capì che poteva essere quello giusto sin da quando aveva 5 anni, un buon compromesso per i genitori che vedevano questa passione anche come un ottimo canale di sfogo, lontano dagli oggetti di casa che troppo spesso si rompevano complice la sua iperattività da bambino, e che poteva inoltre essere per Carlo una straordinaria occasione di dimostrare il suo valore a sé stesso, perchè diversamente dagli sport di squadra la vittoria o la sconfitta dipendevano direttamente da lui.

Scoprì in poco tempo che il Taekwondo era più di uno Sport, rivelò essersi uno straordinario percorso di vita, anche grazie a Roberto Baglivo, un maestro e suo primo allenatore. La stoffa del Campione si intravedeva già dai tempi delle medie, una consapevolezza fuori dal comune tanto che si divertiva a regalare ai suoi compagni di classe il suo autografo, scherzando sul fatto che un giorno avrebbero avuto un gran valore. Ha dedicato e dedica tanto tempo sul Tatami soprattutto sin da quando a 17 anni si trasferisce a Roma nel centro in cui tuttora si allena e insegna questa Disciplina. Una Disciplina che in prima persona consiglia ai genitori di farla praticare ai loro figli, perché comprende un codice etico che impone diligenza, rispetto per l’avversario e per l’arbitro, grande forza mentale e di concentrazione per tutto l’arco del match, perché il colpo del KO può arrivare in qualsiasi momento e perché vincere nel Taekwondo significa portare avanti e far primeggiare la propria strategia, perché se si riesce ad “ammazzare” la forza dell’avversario allora è molto probabile vincere il confronto.
La sua prima partecipazione alle Olimpiadi 2004 ad Atene poteva essere una grande soddisfazione, ma quello fu l’inizio di un periodo duro e sfortunato, che per tre anni non gli permise di lavorare ed allenarsi con continuità per via di infortuni che continuavano ad avvicendarsi. La sua straordinaria capacità di resilienza gli permise di ricominciare a combattere dopo che gli infortuni avevano smesso di torturarlo. In quel periodo fino alle Olimpiadi di Londra 2012 dimostrò inoltre la capacità di rimettersi in gioco: di comune accordo con la Federazione decide di passare nella categoria dei pesi massimi +80 e comincia una dieta speciale per poter mettere 15 chili di peso. Non un’impresa semplice se pensiamo che avrebbe dovuto aumentare di peso pur mantenendo intatta la sua grande reattività. A Londra vivrà la più grande emozione della sua vita, battendo in finale Anthony Obame del Gabon per preferenza: a discrezione dei giudici, dopo un pareggio, si insigna della vittoria colui che ha dimostrato di voler maggiormente la vittoria.

Il Taekwondo ha trovato nell’attuale campione olimpico una figura di grande esempio, perché rappresenta i valori più puri di una disciplina che ha senso di espressione solo tramite l’applicazione del suo codice etico, e che pretende che corpo cuore e mente siano sempre presenti sul tatami se si vuole raggiungere la vittoria.

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