Intervista a Michela Cerruti

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Come e quando ti sei avvicinata al mondo dei motori?
Ho scoperto la passione per i motori quando ho preso la patente, prima non avrei mai pensato di fare questo nella vita, né tantomeno qualcuno mi aveva mai messo su un go-kart.
Già in motorino a 14 anni mostravo tendenze folli e facevo le gare a chi “piegava” di più, poi ho avuto la macchina ed è stato da sempre il luogo in cui mi rifugiavo per non pensare a niente. Guidare mi faceva stare bene.
Mi piaceva andare forte e così mio padre mi ha fatto fare un corso di guida sicura, dove Mario Ferraris, pilota e amico, si è accorto del mio talento e ha convinto faticosamente mio padre a farmi correre in pista.
La prima gara è stata nel 2008, periodo in cui ancora desideravo diventare una psicologa. Poi dal 2009, dopo la laurea, ho deciso di prendere la strada dei motori, non ne potevo già più fare a meno.

Da piccola quali erano gli sport che praticavi  E’ stato un amore a prima vista quello con l’automobilismo o ci sei arrivata per gradi?
Credo di aver praticato quasi ogni sport possibile da piccola, fino ai 15-16 anni. Ero velocissima nelle corse campestri, le ho vinte tutte per 5 anni, arrivata seconda solo una volta, e mi brucia ancora!
Ho sciato agonisticamente per 9 anni, poi crescendo mi sono concentrata più sullo studio e ho abbandonato, anche se sono rimasta sempre iperattiva.
I motori non li ho conosciuti fino ai 18 anni e lì sì, certo, mi sono innamorata subito.

Che ruolo hanno avuto i tuoi genitori, la tua famiglia nello spingerti a praticare sport e nell’incoraggiarti ad arrivare dove sei arrivata?
Sono infinitamente grata ai miei genitori, mi hanno reso capace di praticare tanti sport, in modo che nella vita potessi scegliere cosa mi piaceva di più.
Nessuno ha mai pensato a mettermi su un go-kart, ma forse è il destino che ha voluto così.
Sono stata spronata nei momenti di svogliatezza, consolata quando ho perso, sgridata se non avevo dato il massimo, esaltata (ma sempre con moderazione) quando ho vinto. Il loro supporto è fondamentale e insostituibile.

Quali sono stati i tuoi maestri di vita e di sport? Quali sono i tuoi modelli?
Il mio più grande maestro di vita e nello sport è sicuramente mio padre. Non solo è stato uno dei piloti più vincenti negli anni ’70 nelle categorie in cui ha corso, ma è anche il più grande lavoratore che abbia mai conosciuto, si è costruito dal nulla e ha creato una realtà incredibile, qual è la sua azienda.
Tenero no, certo. Permissivo, per carità, neanche. Ma se sono così forte oggi, per gran parte è merito suo.
Nel mondo dello sport, Deborah Compagnoni è stata il mio mito per tanti anni, donna forte, vincente…e veloce!

Mente, cuore e corpo: in che proporzione contano in quello che fai?
Il 70% del successo in questo sport dipende dalla propria forza mentale. Devi attaccare, difenderti, controllare i parametri, comunicare con il team, guidare al limite e combattere, tutto questo a 280km/h, sia di giorno, che di notte, ad esempio durante le 24ore.
Nel cuore ci sono emozioni strabordanti durante una gara, quelle che ti rendono dipendente da questo sport. Ma nel cuore devono restare, ed esplodere solo ed esclusivamente dopo la bandiera a scacchi.
Fisicamente siamo sottoposti a forze e temperature stremanti, il battito cardiaco tocca a volte i 190bpm in curva, in una vettura GT si raggiungono i 65 gradi nell’abitacolo.
La preparazione fisica e l’alimentazione/idratazione sono molto importanti.

Cosa ti sentiresti di consigliare ai giovani (anche ai più piccoli) che si avvicinano oggi alla tua disciplina?
Consiglierei di restare sempre umili, di imparare ad accettare le sconfitte e risollevarsi in fretta, perché questo è uno sport durissimo, dove solo uno su tanti riesce a vincere. La competizione è altissima e la meritocrazia a volte quasi assente.
Quando pensi di aver fatto abbastanza, probabilmente sei solo a metà del lavoro.
Nessuno nasce fenomeno, ci vuole un grande cuore, una mente forte, e una passione infinita.

Quali sono i valori chiave per te nello sport che pratichi e che – a tuo avviso – possono essere usati dai più giovani nella vita di tutti i giorni e dai manager all’interno delle organizzazioni aziendali?
Giovani: È uno sport che insegna a stare con gli altri, a rispettare non solo chi lavora con te e per te, ma anche e soprattutto i propri avversari.
Aiuta a smorzare il proprio egocentrismo ed egoismo, perché il successo arriva solo se si lavora bene insieme.
Ci vuole lavoro, lavoro, e ancora tanto lavoro per ottenere ciò che si vuole. E quando finisci di lavorare, pensa sempre che avresti potuto fare di più, perché la maggior parte delle volte è così.
Manager: È importante riconoscere e rispettare i propri limiti, ma nasconderli agli altri, e cercare sempre di superarli, perché probabilmente sono molto più in là di quanto si creda.
Questo sport mi ha insegnato che solo chi non osa non sbaglia mai, ma sbagliare è fondamentale per progredire e migliorarsi.
A volte ci si deve allontanare dalla propria zona di sicurezza e accettare nuove sfide senza la certezza al 100% di uscirne vincitori, perché è proprio quel genere di sfide che regala le soddisfazioni più impagabili.

Come si dosa lo stress e si vince anche sotto pressione?
Ci si chiude dentro la propria “bolla” mentale, si tiene tutto fuori, tranne la pista, la macchina, gli avversari.
Si trasforma la rabbia, lo stress, la tensione, in forza che spinge a lottare e vincere, senza mollare un solo metro a chi corre dietro o davanti a te.

Quale è fino ad oggi il ricordo più bello della tua carriera agonistica? Che immagini hai davanti ai tuoi occhi? Perché è il ricordo più bello per te?
La mia prima vittoria, Monza 2011, 30.000 persone e non una che si aspettasse quel risultato.
Ricordo tanti bambini che venivano ad abbracciarmi, per me quello è stato il momento più bello.
Un altro è sicuramente la 24ore del Nürburgring appena conclusa, i fuochi d’artificio mentre guidi di notte, il fumo dei barbecue in pista, accesi dagli appassionati che non si perdono un solo minuto di gara. Questo è stato il weekend più emozionante degli ultimi 5 anni.

Se dovessi citare una avversario/a con il quale/la quale hai gareggiato ( o gareggi tutt’ora)  e per il quale/la quale ricordi un aneddoto particolare che descrive la sfida tra voi due chi ti viene in mente? Ci racconti questo aneddoto…
È uno dei più grandi amici conosciuti in pista, Andrea Roda, abbiamo corso uno contro l’altra a stretto, strettissimo contatto, ci siamo sportellati mentre ci giocavamo un podio a Monza.
Alla fine ho vinto io, e lui è venuto sotto il podio ad applaudirmi, cosa che non succede MAI, è stato un avversario speciale.

C’è mai stato un momento nella tua carriera dove volevi smettere o c’è stato un episodio/ un motivo che ti aveva portato a dire basta? Se si…in quell’occasione cosa ti ha fatto reagire?
Nulla mi ha mai portato a dire basta, ma momenti di sconforto ce ne sono stati tantissimi e a volte mi sono sentita senza forze.
In quei momenti ho sempre cercato di ricordarmi la mia prima volta in macchina da corsa, il motivo per cui ho iniziato, le emozioni che mi hanno resa dipendente da questo sport.
Ho ripensato alle gare che ho vinto e questo mi ha sempre aiutato a recuperare la fiducia in me stessa.

3 pregi e 3 difetti del tuo carattere e come impattano sul tuo ruolo di pilota
Pregi: affidabile, determinata e “super resistente”.
È molto difficile che commetta grossi errori, mi pongo un obbiettivo e quasi sempre lo raggiungo, in caso contrario raramente perdono me stessa. Posso guidare per ore tenendo un ritmo martellante, in ogni condizione, anche di notte.
Difetti: troppo riflessiva, troppo attenta al giudizio altrui, lunatica.
Penso troppo alle conseguenze prima di agire, e questo a volte mi fa perdere tempo, vorrei avere sempre tutto sotto controllo, ma alte velocità è impossibile.
Sono molto soggetta al giudizio da parte degli altri. Come donna, sono tutti pronti a considerarti non adatta o comunque mai all’altezza della situazione, e questo a volte mi mette sotto pressione e mi porta a voler dimostrare a tutti i costi il contrario, ma non è quella la giusta condizione mentale che porta alla miglior performance.
Lunatica…e quale donna non lo è?? A volte semplicemente ho la luna storta e mi innervosisco troppo facilmente, divento troppo sensibile agli eventi e posso perdere la concentrazione.

Che opinione hai degli atleti che in momenti di difficoltà cercano delle “scorciatoie” ( doping o altre forme) per  raggiungere con meno sforzi i propri  traguardi?
Non riesco a comprendere come possano avere rispetto di se stessi. Vincere facile decisamente non fa parte della mia filosofia di vita.

Quanto è difficile bilanciare la tua vita agonistica a quella privata? Bisogna essere campioni anche in questo?
La vita privata è necessaria per staccare il cervello ogni tanto. D’altra parte ovviamente passa in secondo piano rispetto all’attività sportiva di alto livello.
Ma l’amicizia, l’amore e la famiglia completano la felicità che deriva dalle soddisfazioni sportive, senza mi sentirei parzialmente vuota.

Quanto è importante per te avere davanti agli occhi degli obiettivi chiari?
È fondamentale, per non perdere la motivazione e restare realisti.
Bisogna sempre porsi degli obbiettivi difficili, ma non impossibili, procedere per gradi e non credersi dei supereroi, tutti abbiamo un punto debole, e per porsi i giusti obbiettivi è importante avere ben chiaro quale esso sia.

Rimanendo in tema di obiettivi: quale è il prossimo?
Uno l’ho appena raggiunto, finire la 24 ore del Nürburgring nei primi 10 (siamo arrivati sesti).
Il prossimo è vincere almeno una gara in questa stagione.

Quale è la tua canzone preferita o quale potrebbe essere la colonna sonora dei tuoi successi?
“Crazy” di Alanis Morrisette.

Che ruolo ricopre l’impegno Sociale nella tua vita? Cosa può fare lo sport e in particolare l’automobilismo per aiutare i più bisognosi?
Sono testimonial di Operation Smile da 3 anni e ne vado molto orgogliosa. Ho partecipato ad una loro missione in Giordania ed è stata una delle esperienze più intense della mia vita.
Noi sportivi godiamo di una buona visibilità, siamo tendenzialmente di esempio per tante persone, per questo credo che possiamo veicolare in maniera incisiva dei messaggi importanti.

Sei superstiziosa? Hai dei riti scaramantici che fai prima di ogni competizione o degli oggetti portafortuna?
Direi di no, spesso perdo le cose, ho avuto a tratti degli oggetti particolari, che pensavo mi avrebbero portato fortuna, ma che negli anni ho sparso nei diversi autodromi.
Sono troppo sbadata e distratta per avere riti fissi, perdo pezzi ovunque!

Quanto ti alleni? Raccontaci la tua giornata tipo.
Tutti i giorni che posso, che sia nuoto, palestra, simulatore o pista.
Non ho una giornata tipo, proprio perché posso allenarmi in diversi modi, l’importante è far andare il cuore e allenare la resistenza muscolare.

Ci racconti il tuo primo successo?
Monza 2011, International Superstars Series, 30 piloti e io unica donna, su una Mercedes C63 AMG tutta rosa con stelle argento.
Alla mia seconda stagione completa, ho vinto davanti ad ex piloti di Formula1 e diversi piloti ufficiali.
È stato uno shock, per tutti quanti.
Da lì ho iniziato a crederci sul serio.
Perché una volta che provi il sapore della vittoria, vivi ogni giorno alla ricerca di quelle stesse sensazioni.

Quanto è cambiato il mondo delle corse, della velocità negli ultimi 10 anni? E’ una questione di tecnica? Di materiali usati? Di preparazione? Di maggiore competizione?
Di tutto. La tecnologia è andata avanti, le macchine si sono velocizzate, sono diventate più difficili da gestire, ma in alcuni casi anche più facili da guidare.
I ragazzini iniziano sempre più piccoli, il mito dei baby fenomeni ha preso sempre più piede.
Con i metodi di oggi (Allenamenti, psicologia, telemetrie, simulatori) andare forte è più facile, fare la differenza molto più difficile.
C’è meno meritocrazia e sempre più Business, ma in fin dei conti un concetto non cambia: uomo o donna che tu sia, devi vincere.

La sconfitta che significato ha per te? Che ruolo ha?
Vorresti non incontrarla mai, eppure è sempre lí dietro l’angolo.
Le vittorie ci esaltano, ma sono le sconfitte ad insegnare di più, a renderci più forti.
La sconfitta brucia perché ci fa sentire vulnerabili, ma se si comprende con freddezza perché abbiamo perso, sarà più facile la volta dopo evitare gli stessi errori ad avvicinarsi alla vittoria.

Ci fai un bilancio dell’anno appena trascorso (2014) che per te è stato molto importante…
Ho portato a casa una vittoria su una macchina a ruote scoperte da 550 cv, in un contesto internazionale, ho segnato un altro record e di questo sono orgogliosa. D’altra parte avrei voluto vincere di più, sono stata un po’ incostante e fisicamente a tratti non ho potuto dare il massimo.

Che difficoltà ha rappresentato e rappresenta per te l’essere una donna vincente in un mondo prettamente visto dai più come maschile?
Non è che è visto “dai più”, è uno sport prettamente maschile e sempre lo sarà. La nostra mentalità si discosta molto dalla ricerca del pericolo e dell’adrenalina, è totalmente normale che poche donne si avvicinino a questo sport e che pochissime ne facciano una ragione di vita. Non credo che questo cambierà mai, è nella natura delle cose e non c’è niente di sbagliato.
Da qui deriva la nostra difficoltà a farci rispettare e il loro pregiudizio nei nostri confronti.
Non è sempre facile avere gli occhi puntati addosso, a volte è quasi impossibile convincere della propria forza e professionalità, è troppo difficile per loro da accettare e credere.
L’unico modo per farsi accettare e guadagnarsi rispetto e fiducia da parte di avversari e propri compagni di squadra, è far parlare i numeri, essere veloci, come o più di loro.

Hai corso in diverse “formule” e per questo si può dire che non ti manca certo la capacità di adattamento. Quanto pensi possa l’automobilismo essere in grado di aiutare il manager a capire meglio l’importanza del sapersi adattare in un mondo lavorativo in continua evoluzione?
Non sempre le cose vanno come ci si aspetta, non sempre accade ciò che abbiamo previsto.
Adattarsi a risultati differenti rispetto a quelli sperati è condizione fondamentale per avere un costante successo, ed è spesso una caratteristica che fa la differenza in alcune persone.
Le cose cambiano in fretta, imparare a fare attività diverse, accogliere sfide nuove è soprattutto al giorno d’oggi l’unico modo di cogliere un’opportunità, anche se questa ci porta a discostarci da ciò che abbiamo fatto o pensato fino a quel momento. Ci vogliono flessibilità e coraggio.

Ci parli di FIA Women in MotorsportCommission (WIMC)  e del suo ruolo nel fare cultura e valorizzare il ruolo della donna nel mondo del Motorsport…..
A livello italiano finora non è stato fatto molto per le donne nel motorsport, e spero davvero che il mio ingresso nella commissione possa cambiare le cose.
Ho intenzione di creare progetti concreti e dare un contributo forte.
La commissione ha il compito di valorizzare la figura della donna in questo mondo e di creare opportunità per i talenti in crescita.
Finora è stato fatto molto in tanti paesi dell’Europa e del mondo, ma sono certa che presto si sentirà parlare anche di qualche donna italiana e spero ovviamente di esserne la responsabile.

E’ importante partecipare o come è stato detto da qualcuno …l’unica cosa importante è vincere?
Quando c’è una bella cena con amici l’importante è partecipare, certo.
Per il resto, vincere è l’unica cosa che conta.